Dove comunica un’azienda? Occorre uno sguardo di insieme. (The Big Mix Blues)

La comunicazione non è un add-on qualunque: è uno dei motori fondamentali del business.

Per un motivo o per l’altro, capita però abbastanza spesso che le aziende abbiano una visione in qualche modo parziale o incompleta dello scenario complessivo della comunicazione aziendale e quindi “si perdono dei pezzi”, tralasciando così opportunità fondamentali  per lo sviluppo del business. Focalizzarsi solo su alcuni strumenti indebolisce il sistema complessivo della comunicazione e ne abbassa anche l’efficienza economica e l’efficacia.

Tra le molte possibili rappresentazioni del mix di comunicazione vi propongo questa:

Andiamo con ordine.

Gli owned media sono quelli posseduti e gestiti direttamente dall’azienda: il sito, il blog, i canali social, le newsletter, i profili dei manager e via dicendo. Qui l’azienda parla in prima persona e decide liberamente cosa dire, quando e come. Il sito ( e anche il blog) in particolare è il repository principale dei contenuti aziendali, il luogo virtuale in cui si mettono a disposizione di clienti, prospect e partner  le competenze e le esperienze che posizionano l’azienda nel mercato in cui opera.

Questa centralità degli owned media rispetto ai contenuti viene spesso trascurata, se non addirittura ignorata.

paid media sono (ovviamente) tutti quegli spazi di terze parti che vengono acquistati , quindi parliamo di advertising in tutte le sue forme, publi-redazionali, etc.

Gli earned  media sono invece quegli spazi (digitali e non) di terze parti che riprendono spontaneamente i contenuti aziendali, distribuiti e proposti dall’azienda principalmente attraverso attività di media relations / content marketing.

Il valore comunicazionale degli earned media è elevato, perché significa che un contenuto è stato ritenuto dal giornalista, blogger o influencer che sia, di interesse/valore tale da essere ripreso e riproposto al pubblico di quel sito o di quella testata cartacea. E’ un concetto molto vicino al “word of mouth” di cui sentiamo parlare nel mondo B2C.

Il punto fondamentale è che tutte le aree devono essere gestite  e presidiate come un “sistema organico”, in cui un mix adeguato di queste diverse presenze assicura non soltanto la massime efficacia in relazione allo sviluppo del business, ma anche un elevatissimo rapporto complessivo risultati/costi.

I contenuti prodotti vanno opportunamente declinati e poi distribuiti / proposti sui vari fronti, tenendo sempre presente che uno degli obbiettivi (anche se non l’unico) è quello di portare prospect, clienti e partner a consultare e approfondire i contenuti nell’area degli owned media, in particolare, come dicevamo, sito e/o blog che sono “la vera casa” del brand.

Un’ultima notazione: negli ultimi anni anche nella comunicazione B2B si è data una grande enfasi sui social media, enfasi in buona parte giustificata intendiamoci, ma forse davvero eccessiva nel momento in cui ci si dimentica del quadro d’insieme di cui sopra e si trascura un aspetto non banale: i social media, intesi come ambiente di interazione, non sono “owned” allo stesso modo di sito e blog.

Nei social media ciò che l’azienda dice ai propri follower è comunque all’interno di un grande e continuo flusso in cui è gomito a gomito con migliaia di altri soggetti che parlano più o meno contemporaneamente. Qui si ha il tempo di sollevare rapidamente l’interesse del nostro interlocutore per portarlo, magari anche in un secondo momento, ad  approfondire il tema che ci interessa sul sito/blog.

Se volessimo usare un immagine, la differenza di “profondità” del rapporto è tra incontrare qualcuno in un bar affollato e bere velocemente qualcosa insieme o invitarlo a cena a casa nostra. Voi cosa scegliereste?

 

 

 

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