Sony BMG blues (nel senso di triste, molto triste…)

Per farsi un’idea della sequenza di disastri di comunicazione e di sostanza compiuti dalla Sony BMG, potete trovare un bel riassunto dei vari passi della faccenda sul sito del Washington Post.

E già, vale la pena di rifletterci un momento. Un singolo post, su un blog (tra i milioni online) è diventato in pochi giorni una crisi di dimensioni planetarie che si è abbattuta con la forza di un uragano sulla “povera” Sony BMG. Che, forse, la blogosfera appena sapeva che esistesse, da qualche parte.. diari online di ragazzini che non hanno niente di meglio da fare….

Ma gli uomini e le donne della comunicazione di Sony, dove sono ? Forse stanno inseguendo gli ingegneri e gli avvocati che di questa storia sono probabilmente i responsabili.

Buona caccia ragazzi.

P.S. : date un’occhiata a Sory seems to be the hardest word . Impagabile.

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Ma guarda guarda… (Relazioni Pubbliche e ROI)

Le Relazioni Pubbliche possono rendere più della pubblicità ? Eh, quanti hanno storto il naso davanti a questa osservazione, quanti sorrisini di compatimento… “Sì sì, le relazioni pubbliche forse aiutano, ma per vendere, la pubblicità è un’altra cosa dài…”

Per carità, non facciamo confusione: le Relazioni Pubbliche non possono sostituire la pubblicità, ma la loro efficacia riguardo lo sviluppo del business aziendale è largamente misconosciuta e drammaticamente sottovalutata.

E chi ha voluto farci una pensata? Procter & Gamble, e cioè uno dei maggiori spender pubblicitari globali.

Ha fatto una bella indagine, che ha chiamato PREvaluate, 18 mesi di monitoraggio, utilizzando un tool di analisi che prende in considerazione in modo dettagliato le informazioni sui costi , obbiettivi, audience, mercati geografici, e le sinergie con gli altri elementi del marketing mix . (ah, già stupitevi: Procter & Gamble considera le PR un elemento del marketing mix, pensa te che originali…)

E a quale conclusione è arrivata la suddetta indagine ?

Sono arrivati a concludere che le Relazioni Pubbliche hanno offerto un ritorno sull’investimento decisamente superiore agli altri strumenti del marketing mix.

Il responsabile delle relazioni esterne di P&G, Hans Bender, ha auspicato che ” it would make people think more intently about the use of PR in the marketing mix.”

Me lo auspico anch’io…

Pensateci, pensateci responsabili marketing…

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I diritti, prego

La pressante attività di comunicazione e di lobbing delle major musicali sulla supposta necessità di impedire la copia dei contenuti musicali allo scopo di difendere i DIRITTI degli autori (o il loro diritto al profitto ?..), rischia di fare dimenticare che, forse, anche chi acquista musica, ha qualche DIRITTO.

La recente figuraccia fatta da Sony BMG ( vedi post precedente) ha stimolato molte organizzazioni a rialzare la testa sull’argomento. Segnalo volentieri l’iniziativa del BEUC, l’organizzazione pan-europea dei consumatori, che, con grande tempismo, ha lanciato una campagna sui diritti digitali dei consumatori , cui è stato dedicato il sito Consumer Digital Rights .

Il comunicato stampa di annuncio del sito ha un titolo inequivocabile :” Consumers are not pirates !” (lo potete scaricare qui.)

Riporto l’elenco dei diritti rivendicati :

- Right to choice, knowledge and cultural diversity;
- Right to the principle of “technical neutrality” – defend and maintain consumer rights in the digital environment;
- Right to benefit from technological innovations without abusive restrictions;
- Right to interoperability of content and devices;
- Right to the protection of privacy;
- Right not to be criminalised.

Buon lavoro ragazzi, siamo con voi !
(potete anche firmare una petizione elettronica qui)

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Corporate arrogance (Sony BMG blues)

Beh, questa è davvero la ciliegina sulla torta. Impagabile.

Se qualcuno di voi si è divertito a immaginare cosa avrebbe fatto al posto della Sony BMG per mettere una pezza sul disastro di immagine di cui al post di ieri, qualsiasi cosa abbia pensato, la realtà ha superato ogni fantasia.

Sapete cosa ha dichiarato il Presidente (ho detto il presidente, mica uno che passava di lì..) di Sony BMG – Global Digital Business Division – tale Thomas Hesse ?

Il nostro impagabile comunicatore ha dichiarato:

“Most people, I think, don’t even know what a rootkit is, so why should they care about it?”

Capito ? Siccome quei beoti che comprano i CD di Sony BMG non capiscono un accidente di informatica, non sono in grado di accorgersi del software installato come un virus, e non hanno la più pallida idea di cosa sia il “rootkit” che gli abbiamo schiaffato nel sistema operativo, di che accidenti si lamentano ? Che vogliono ?? Che ascoltino la musica e stiano zitti.

Chi se ne frega se, oltre a tutto, per togliere di mezzo in maniera definitiva il regalino di Sony BMG bisognerà forse formattare il disco e reinstallare il sistema operativo?

Non saranno mica problemi di Sony BMG se il loro sistemino di DRM (Digital Rights Management) manda in tilt alcuni antivirus che (giustamente) cominciano a sparare avvisi si infezione al ritmo di uno al secondo ?

Personalmente non vorrei un CD musicale Sony BMG nemmeno in regalo. Non so voi.

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Martellate sulle dita (PR crisis blues)

La recente storia della Sony BMG e del software nascosto nei PC è davvero istruttiva, e non solo per l’aspetto relativo alla gestione della crisi dal punto di vista della comunicazione.

Ma andiamo con ordine.

Brevemente: Sony BMG, allo scopo di impedire la copia della musica pubblicata sui propri CD, ha fatto in modo che se un CD viene ascoltato attraverso un computer, automaticamente e in modo totalmente nascosto, viene installato un software che impedisce la copia. Ma non basta. Il software in questione contiene del codice davvero “maligno”, nel senso che accede al sistema operativo e si nasconde alla vista del proprietario del PC. Insomma agisce come un vero e proprio virus. Non male, vero ? Tralasciamo in questa sede la questione dei diritti di copiare per uso personale la musica regolarmente acquistata. (evito di acquistare CD protetti contro la copia…) e proseguiamo nella disamina di questa “case history”.

Innanzi tutto se volete un resoconto più approfondito sull’accaduto lo trovate qui.

Ma andiamo avanti.

Come era logico aspettarsi, anche gli informatici ascoltano musica, (in Sony BMG non lo sanno …) e il giochino è stato svelato da Mark Russinovich, un esperto di problemi di sicurezza, e ha fatto il giro della Rete alla velocità della luce. ( in Sony BMG ovviamente non sanno cos’è la blogosfera)

E Sony BMG ? Colta in flagrante, ha tentato un “mezzo” passo indietro, ovvero ha offerto sul proprio sito una patch software da installare sui computer “infettati” . Un secondo errore: in realtà il software continua a funzionare e viene solo reso visibile. Come era ovvio il buon Mark ha esaminato la patch e l’ha scoperto immediatamente. Adesso si attende un vero uninstaller che elimini completamente il software. Ovviamente Mark lo attende al varco…

Gli errori compiuti dalla Sony BMG sono così tanti e così gravi che riesce difficile analizzarli.

La sola idea di partenza, ovvero installare un software in modo subdolo, fa inorridire. Trasmette una brand experience che fa paura, perchè non si tratta solo della questione relativa ai diritti sulla musica. Questo episodio trasmette forte e chiaro il messaggio che Sony (e dico “Sony” e non “Sony BMG” ) è un’azienda disposta anche a ingannare i propri clienti se ritiene sia suo interesse farlo. Ma anche il secondo passo è un errore marchiano: chiarito che c’è chi sa analizzare il proprio computer in modo professionale, come si può pensare che anche la patch non sarebbe stata analizzata a fondo (e questa volta non solo da Mark, visto che la faccenda era nota a qualche milione di persone sparse per il globo … )

Morale: se le aziende avessero a disposizione dei veri consulenti per la propria comunicazione e imparassero a confrontarsi con loro prima di prendersi a martellate sulle dita, storie come queste non potrebbero accadere.

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Non sono il solo… (koala blues)

Casomai qualcuno pensasse che sono io il solo a ritenere che la pessima reputazione delle PR presso le aziende dipende dalla presenza sul mercato di un discreto numero di operatori improvvisati / incompetenti / disonesti , beh, si sbaglia.
Dall’altra parte del mondo, in Australia, c’è chi la pensa esattamente come me.

Robert Beerworth di Wiliam , una web agency di Sidney, commenta così :

“….Either way, the PR industry has nobody but itself to blame for failing to educate more broadly on its value and benefits, for failing to develop standards for measuring performance, past counting column inches, and for continuing to set unrealistic expectations in the minds of businesses. Please don’t get me wrong: public relations most certainly has a role to play in the marketing and communications mix, but the time has come for PR firms to tell us why and how, rather than merely labouring the follies of discounting PR.”

Il buon Robert cita poi i commenti di un columnist dell’Australian Financial Review, tale Neil Shoebridge. Anche qui vale la pena di dare un’occhiata: “….If marketers knew that most PR firms are staffed with people who do not know or care what represents a newsworthy story and rarely have any idea about the audiences of the different media they are pitching stories to, they would quickly realise that they should be handling their media relations themselves.”

Oggi mi sento un po’ koala..

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Segnalazione al volo

Vi invito a fare un giro sul blog di Mike Manuel e leggervi questo post sullo stato del mercato delle relazioni pubbliche e su ciò che un’agenzia di PR deve fare oggi. Uno spunto di riflessione interessante.
Un primo commento a caldo: mi piacerebbe tanto pensare che chi non da’ valore aggiunto sarà espulso dal mercato, ma non ci credo nemmeno io…..

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I fantasmi della blogosfera (fake blogs blues)

Devo dire che davvero non mi piacciono e non mi convincono.
Parlo dei fake blog, ovvero blog gestiti più o meno (spesso meno) palesemente dalle aziende, dove i geniali marketer (spesso purtroppo le agenzie di relazioni pubbliche) si “inventano” un blogger “virtuale”, un entusiasta dei prodotti dell’azienda, che ne sarebbe così invaghito da creare un blog per sostenerli e propagandarne le eccelse qualità. Davvero mi infastidiscono. Il motivo per cui li trovo sbagliati è molto semplice: sono basati su un trucco, una finzione che snatura alla base l’essenza conversazionale dei blog.

Molto meglio gestire il blog (se proprio se ne sente la necessità) attraverso un rappresentante dell’azienda o un personaggio che sia di riferimento rispetto alla comunità con cui si vuole entrare in contatto. Ma senza che l’azienda si “nasconda”

Un esempio molto poco convincente di questo utilizzo dei blog è venuto recentemente dalla Panasonic. Ne parla qui Amy Gahran.

Avevo affrontato l’argomento anche qui e qui

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Forza Steve !

Steve Rubel, l’autore di Micro Persuasion, una delle mie fonti predilette, ha scoperto di essere affetto da un tumore della pelle. Per fortuna pare si tratti di una forma assolutamente curabile che non causerà sconvolgimenti nel suo stile di vita.

Ma Steve ha immediatamene tratto da questa esperienza alcune riflessioni e conseguenze, che riporto qui di seguito:

“Each year some 800,000 Americans are diagnosed with this kind of skin cancer. Much of it is preventable if you take care to protect yourself from the sun’s harmful rays. Like many, I pooh-poohed the warnings. These included both regular words of caution from the media and those close to me. One of my favorite pastimes was sitting in front of a Starbucks, reading books or listening to podcasts and soaking up the sun. I neglected to wear sunscreen or a hat, even though I am follicly challenged. Now I am paying the price.

It’s clear from the statistics that many people still don’t take the risk of skin cancer seriously enough. Perhaps they need to hear more about it in a human voice – a blog voice. I recognize that I can help here (or at least try to). I have a blog with 5,000+ daily readers as well as a significant media profile. I am in a position to help in ways others can’t. I can do greater good. If one person starts wearing sunscreen regularly because of what they read here then I have done my job.

With this in mind, I am launching a new blog called The Skin Cancer Blog (www.skincancerblog.net). Here I plan to not only track my progress (which hopefully will go quickly), but more importantly provide links to helpful information and stories from others. I am sure once the site is up we will hear from many others who have experienced the same or worse. Once it’s live, I will blog it here and I would appreciate any link love that bloggers are willing to provide it. Please link on the words skin cancer so that it begins to get some Google Juice and ranks highly on the right searches. Beyond the occasional post, this blog will not deviate from its regularly scheduled programming and I plan to continue the same pace.

Thank you for listening and for your support. – Steve “

Credo che la reazione di Steve ad una esperienza scioccante come questa e il suo immediato e “naturale” desiderio di utilizzare il blog come strumento di condivisione dell’ esperienza e di informazione (sia per chi è affetto da tumori simili, sia sulla prevenzione), costutuisca uno spunto di riflessione davvero interessante e coinvolgente.

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Eh, no, non ci sto !

Vi rimando al post di Carlo Odello e al mio commento di risposta sulle PR e sul ruolo delle agenzie.

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