E intanto il corporate blogging …

Mentre nel mondo delle relazioni pubbliche e del marketing (almeno dalle nostre parti) si discute alacremente dei pro, dei contro, dei se, e dei ma, dall’altra parte dell’oceano pare che le aziende considerino il blogging un’attività ormai “matura” per l’utilizzo corporate.

Nel corso del BlogOn 2005, tenutosi a New York settimana scorsa, sono stati presentati e discussi i dati del BlogOn 2005 Social Media Adoption Survey. L’evento era organizzato da Guidewire Group, una società di ricerca focalizzata sulle tecnologie emergenti.

Allora, innanzi tutto, secondo la ricerca, il 55% delle corporation sono già impegnate sul fronte del blogging. Di queste il 91,4% utilizza i blog sul fronte dell’internal communication e il 96,6 per comunicare verso l’esterno dell’azienda. Va sottolineato che più di metà ha lanciato i blog l’anno scorso.

Mike Sigal, CEO di Guidewire, sottolinea che si tratta naturalmente di un fenomeno molto recente: “Credevamo di essere ancora in una fase iniziale della curva di adozione, ma in realtà siamo già in una zona di impennata della curva”

E le aziende che ancora il blog non ce l’hanno ? In ogni caso, il 70% considerano in modo positivo l’ipotesi di buttarsi nella blogosfera, con un 7% che intende partire immediatamente e un 13% che lo farà entro fine anno.

4 su 5 delle aziende che usano i blog sul fronte interno, lo fanno per migliorare la comunicazione interna, e una su tre anche per rimpiazzare l’utilizzo dell’email col blog, un dato davvero interessante.

Per quanto concerne i blog dedicati alla comunicazione verso l’esterno dell’azienda, il 61% dichiara di utilizzarlo nell’ambito del programma di relazioni pubbliche (sapete, gli americani usano avere un programma di relazioni pubbliche…) e in relazione a progetti di marketing e “demonstration of thought leadership”, ovvero per attività legate al posizionamento e alla reputazione nell’ambito del proprio mercato.

Ben il 40% della aziende intervistate ha un CEO che blogga: una percentuale davvero impressionante.

Sigal ha anche sottolineato un altro dato molto interessante: “Spesso pensiamo che una tecnologia emergente sia adotatta prima di tutto da startup e vendor del mondo della tecnologia, ma la distribuzione del fenomeno che abbiamo rilevato ci ha davvero sorpresi.” Tra le “blogging companies” ci sono infatti aziende del mondo dell’advertising, del marketing, produttori di elettronica e computer, ma anche banche, aziende petrolifere , trasporti e altre ancora.

Sottolineo che anche il buon Sigal ribadisce un concetto che ho lanciato più volte da questo blog: ” La questione più importante circa il blogging al di fuori dell’azienda è comprendere il cambiamento culturale che implica, e la perdita di controllo del messaggio corporate. L’azienda deve essere pronta a cominciare un dialogo reale col mercato, e non più a gestire una conversazione a senso unico”

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Occhio al trend

PR Week ha pubblicato un’interessante panoramica su quelli che ritiene i trend più significativi del mondo dei media.

Accanto ad alcuni temi tipicamente statunitensi, (come l’esplosione dei media ispanici o i “celebrity weeklies”) sono commentati alcuni aspetti di interesse generale, come (guarda un po’) i blog e il loro rapporto con le relazioni pubbliche. Se non volete leggervi tutto l’articolo, vi propongo qui di seguito il paragrafo dedicato alla blogosfera.

Da sottolineare la frase conclusiva di Ray Kerins, che mette a fuoco un aspetto su cui mi sono più volte soffermato: “Every client is not appropriate to have blogs.”

Blogs

In the past couple of years, blogs have grown from an outlet for tech-savvy geeks to something that has reached an almost mainstream level. Indeed, corporations and even media outlets are making blogs part of their marketing strategies. They reached news-breaking entity status when a group of bloggers debunked Dan Rather’s report on President Bush’s National Guard service.

Although they’re considered valuable outlets for marketers – especially PR practitioners – to monitor, Lloyd Trufelman, president of Trylon Communications, says blogs will eventually just be integrated into the media mix, rather than remain a standalone entity.

“Now blogging is becoming very simple and very pedestrian,” he says. “I don’t know how many of these blogs will exist as viable economic [entities]. If a blog is going to exist as a commercial enterprise, it’s going to have to track to the same economic rules that govern all other forms of media.”

Mark Weiner, CEO of Delahaye, agrees that the excitement over blogs will settle down, although incidents where blogs break mainstream news will cause periodic spikes in interest. But for the most part, blogs’ influence over a large segment of the population appears to be limited.

“We see that, except for a small handful of influential, opinion-leading blogs, for the most part bloggers are people who have an interest in something and are speaking to [those] people who share that interest,” Weiner says.

Going forward, PR practitioners need to be mindful of the blog’s place in a client’s communication strategy, says Ray Kerins, EVP and managing director of corporate communications and media relations at GCI Group. “Every client is not appropriate to have blogs,” he says.

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Blog dirt (Low marketing blues)

Beh, questa storia vale davvero la pena di leggerla e commentarla.

E’ la summa di quello che ho scritto in tema dell’utilizzo del blog come strumento di marketing e degli errori da evitare.

Riassumo molto brevemente: c’è un prodotto per la pulizia della casa di una grande azienda multinazionale. L’ agenzia di PR che gestisce la comunicazione del prodotto (a sua volta una agenzia “globale” con uffici in tutto il mondo) ha la brillante idea di creare un blog gestito da un fantomatico personaggio, tale Barry Scott, che terrebbe, pensate un po’, il blog personale per dedicarlo a un detergente… Ma il problema non è nemmeno questo…

Perchè il team che stava dietro a questo progetto ha avuta la stratosferica pensata di spammare commenti su blog ritenuti molto frequentati, per inserire il link e creare traffico. Ma ancora non basta.

Hanno avuto la incommensurabile idea di infilare i commenti spam persino su un post dove l’autore raccontava di una esperienza personale estremamente delicata come il fatto di essere rientrato in contatto con il padre per la prima volta dopo quasi 30 anni.

La storia è che, dopo una faticosa indagine, l’autore del blog spammato ha identificato azienda e agenzia, e il team che gestiva la faccenda ha dovuto inviare una pubblica lettera di scuse.

Da non credere.

Per approfondire (ve lo consiglio):

Il post di denuncia di Tom Coates

Le scuse del team di Cillit Bang

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Cambiamenti ignorati. (Communication Relax blues)

E’ vero: quando non si sa come reagire a un cambiamento, la strategia più diffusa è ignorare il cambiamento. (se di “strategia” si può parlare…)

Il cambiamento su cui vorrei brevemente soffermarmi è evidente, così come eclatante è il fatto che viene accuratamente ignorato.

Il dato di fatto è questo: i consumatori sono sempre meno disposti a prestare attenzione alla pubblicità tradizionale e ripongono sempre più fiducia nei cosiddetti “consumer-generated-media” (CGM) e nelle raccomandazioni di altri consumatori.

Una recente ricerca Intelliseek sottolinea come, rispetto all’anno passato, i consumatori siano del 50% più disponibili ad essere influenzati dalle raccomandazioni “word-of-mouth”. Il CEO di Intelliseek, Mike Nazzaro, avverte che il panorama della comunicazione pubblicitaria sta cambiando, costringendo i marketer a allargare e ridefinire i concetti di media, di influenza e di “audience reach”. Se i “consumer generated media” stanno assumendo un ruolo così significativo, è assolutamente necessario che i marketer comincino a misurare, gestire e influenzare questa area e, altrettanto importante, a affrontare situazioni in cui i consumatori esprimono pubblicamente pareri negativi sui brand.

Vi siete agitati ? Vi sembra un fatto rilevante ?
Tranquilli.
Rilassatevi.
Non se ne è accorto praticamente nessuno.
Se proprio non avete niente di meglio da fare, potete dare un’occhiata qui, ma non c’è fretta… davvero.

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Ah, le informazioni giuste… (Web content blues)

Questa gustosissima vignetta che ho trovato su Savagechickens.com dovrebbe essere appesa negli uffici di molti web content manager ( o di chi per loro…) . Credo sia capitato a molti di voi di cercare qualcosa di decisamente essenziale in un sito, e di non riuscire assolutamente a trovarlo, navigando per ore in un mare di pseudo-informazioni assolutamente inutili. Ma non è una novità.. vero ?

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Riusciranno i nostri eroi a parlare la stessa lingua ?

Rileggendo abbastanza sconsolato i dati presentati da Assinform ieri sullo stato dell’ICT in Italia, ripensavo a quanto avevo già avuto modo di scrivere qualche tempo fa sulle difficoltà di comunicazione dei vendor ICT verso la piccola e media impresa.

Al di là delle indubbie, gravissime mancanze di “governance” istituzionale per quanto riguarda l’innovazione tecnologica in Italia, (più volte sottolineate con forza sia da Roggero che da Capitani) le aziende che offrono hardware , software e servizi non possono non domandarsi se questo “muro” che li separa dalle PMI non sia per caso dovuto anche a qualche serio problema di comunicazione.

Se non si adottano linguaggi e schemi di riferimento comuni, e se non si costruiscono messaggi appropriati, la comunicazione del mondo ICT continuerà ad essere comprensibile solo alle grandi aziende.

Ma non basta.

Ammesso, e non concesso, che esista davvero un’offerta capace di offrire alle PMI gli strumenti idonei per realizzare le innovazioni di prodotto e di processo necessarie, le aziende produttrici devono farsi carico di un processo “educativo” all’innovazione: se non viene trasmessa in modo efficace una cultura dell’innovazione, i benefici che da questo processo dovrebbero arrivare, non si potranno realizzare.

Non è un compito facile, ma se non ci sbrighiamo…

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Comunicatio Precox (hurry up – blues)

Vi sarà senz’altro capitato di leggere un comunicato stampa di annuncio di un nuovo sito, e di scoprire che in realtà non è ancora online o parecchie delle funzionalità promesse sono ancora in cantiere.

Così come mi è capitato di sentirmi incalzare da un cliente che vuole a tutti i costi annunciare un prodotto che, lo sa bene, non vedrà la luce del mercato prima di 4 mesi.

E mi domando : ma qualcuno li insegue ? Hanno fatto una scommessa ? Soffrono di qualche grave forma di impazienza congenita ? Le spiegazioni fornite di volta in volta non mi hanno mai convinto.

Spesso ci si sente rispondere che “…i nostri concorrenti hanno annunciato il prodotto corrispondente, e noi non possiamo mica stare a guardare !…”

Eh già, perchè il giornalista al quale non puoi dare il prodotto da provare, non puoi fornire nemmeno una scheda tecnica definitiva, non sai indicare il prezzo di vendita, a magari non puoi dire dove sarà distribuito, si scapicollerà a scriverne, dando la formidabile notizia ( un vero scoop) ai suoi suoi avidi lettori… E in ogni caso, ovviamente, vivrà quattro lunghi, estenuanti mesi nella snervante attesa della effettiva disponibilità del prodotto, per poterne finalmente scrivere ancora: non ci dormirà la notte, accidenti, e me lo troverò la mattina raggomitolato sugli scalini dell’ufficio (dove ha passato la notte). E al mio passaggio mi si abbarbicherà sui polpacci, implorando con lo sguardo vitreo : “.. un sample, un sample ti prego, non ce la faccio più….”

Questi comportamenti sono esempi di un vizio più sottile ( e pericoloso), ovvero la tentazione di pensare che la comunicazione possa sostituire i fatti, credere che un bel comunicato possa nascondere errori, ritardi, mancanze, debolezze.

La storia è piena di esempi grandi e piccoli che questo assunto è davvero una pia (nonchè ridicola) illusione. Assegnare alla comunicazione (e alle Relazioni Pubbliche in particolare) un simile compito significa non capirne la reale potenzialità in positivo.

Ma la storia, lo sappiamo, non insegna nulla, quasi mai.

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Pragmatic, please !

Tra i numerosi e interessantissimi documenti pubblicati in occasione della Global PR Blog Week 2.0 , vi segnalo al volo due su cui vale davvero la pena di soffermarsi.

Il primo , di Tom Murphy, è incentrato sulla necessità di un nuovo approccio alle PR, più pragmatico, e esamina il ruolo e lo status dell’utilizzo delle nuove tecnologie. Ne riporto di seguito un passo riassuntivo:

“I believe that a pragmatic approach to Public Relations can make a major contribution to helping us to successfully navigate the potentially difficult changes that lie ahead. While I don’t advocate using new technology, for technology’s sake, I do passionately believe that we are seeing a major shift in how PR will interact with clients and their audiences. There is an opportunity for PR to extend its influence beyond its current remit, but there is also an inherent threat that if we shirk the responsibility then other marketing disciplines will be only too happy to step in and fill the gap. By taking pragmatic decisions based on sound information I believe we can and will navigate this changing environment. The cost of failing to understand how the world of communications is changing is simply too high.”

Il secondo è di Shel Holtz , autore già noto ai frequentatori di questo blog. Il tema su cui si sofferma il buon Shel è l’evoluzione del rapporto tra comunicato stampa e blog. Anche qui vi propongo un breve estratto.

“In other words, as professionals we should recognize that blogs and press releases are both tools of our trade, and that we should use the tools at our disposal based on their ability to accomplish the task at hand. Indeed, blogs will grow in importance as a channel for public relations. Given the declining impact of press releases in general (due to email overload, the volume of bad releases, and a host of other issues) and the ascent of blogs, it makes good sense to use them – where it makes sense. It makes equally good sense to continue to use press releases in instances where they will do the best job. And it makes the best sense to figure out how these tools can work together to produce the most satisfying outcomes.”

Meditate gente, meditate.

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Corporate blogging dilemma

Il tema del corporate blogging è davvero uno di quelli “caldi”, nel senso che scatena tra gli addetti ai lavori e non discussioni davvero accese.
Non posso fare a meno di segnalarvi la notevole discussione nata da un mio post su IMLOG proprio a proposito del corporate blogging.

Nel frattempo vi segnalo anche che c’è chi di dubbi sul blogging ne ha davvero pochi: Sun Microsystem in particolare spinge molto sul blogging interno.

Un articolo su Infoworld ci racconta di come Sun si stia adoperando per sviluppare ulteriormente l’attività di blogging dei propri dipendenti.

18 mesi dopo il lancio del programma, Sun stima che un numero compreso tra 1.500 e 2000 persone abbia preso parte a questa attività, e annuncia, come ulteriore passo per il potenziamento dell’infrastruttura interna , la possibilità per i blogger di postare facilmente contenuti di tipo multimediale.

Mi sembra da sottolineare il commento di Tim Bray, Director of Web technologies in Sun. Bray afferma che ci sono innumerevoli esempi dei benefici che i dipendenti e l’azienda stessa hanno tratto da questa attività. I blog hanno di fatto aiutato alcuni addetti alle vendite ad aprire le porte di clienti potenziali che in passato non riuscivano ad approcciare.
Da una prospettiva di marketing, Bray sostiene che dando voce a dipendenti che dimostrano di essere “passionate about IT”, l’immagine di Sun ne ha tratto un deciso giovamento.

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Tecnologie emergenti

Credo sia interessante dare un’occhiata alle tecnologie emergenti, almeno secondo la venerabile opinione di Gartner, che ha recentemente pubblicato “2005 Hype Cycle for Emerging Technologies”.

Mi sembra utile sottolineare che Gartner ha suddiviso le tecnologie in tre grandi aree (Collaboration, Next Generation Architecture e Real World Web)

E indovinate che cosa ha indicato (tra le altre) Gartner nell’area della collaboration ?

Ecco un estratto dall’articolo dedicato all’argomento da Tekrati :

(…)
Really Simple Syndication (RSS). RSS is a simple data format that enables web sites to inform subscribers of new content and distribute content more efficiently by bypassing the browser via RSS reader software. RSS is widely used for syndicating weblog content but its corporate use is only starting to be tapped for activities such as corporate messaging. Its simplicity makes it easy to implement and add to established software systems. Gartner predicts that RSS will be most useful for content that is ‘nice to know’ rather than ‘need to know’.

Corporate Blogging. This involves the use of online personal journals by corporate employees, either individually or in a group, to further company goals. It reached the peak of hype in 2004 although mainstream firms have not yet got involved. Its impact will be on projecting corporate marketing messages primarily and secondarily in competitive intelligence, customer support and recruiting.

Wikis. A simple, text-based collaborative system for managing hyperlinked collections of web pages; it usually enables users to change pages or comments created by other users. Wikis are becoming available from commercial vendors, in addition to many open-sourced products, but not yet from established enterprise vendors. However, they are widely used as collaborative, distributed authoring systems for online communities, especially those using open-source projects. Gartner predicts that Wikis will impact ad hoc collaboration, group authoring, content management, web site management, innovation, project execution and research and development.
(…)

Se lo dice Gartner…..

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