Blog PR (Reaction tecnique blues)

Prendo spunto da un articolo apparso su PRWeek per tornare su un argomento a me molto caro.

Credo che uno delle sfide “emergenti” per le aziende sia capire qual sia l’atteggiamento più corretto da tenere di fronte a un blogger che critica in modo più o meno pesante l’azienda stessa, i suoi prodotti, o il suo management.

Le domande che il responsabile della comunicazione e l’agenzia di relazioni pubbliche immediatamente si pongono sono : il blogger che ce l’ha con noi è un influencer “pericoloso” ? Come lo trovo ? Si deve reagire ? Come ?

Il fenomeno dei blog rende la risposta a queste domande un po’ più complessa e, sotto certi aspetti, delicata rispetto ad un articolo pubblicato su un quotidiano.

Mi sembra che la raccomandazione di base espressa da Jonathan Carson, CEO di BuzzMetrics, sia condivisibile al 100%: “La cosa più importante è entrare in questo mondo “culturalmente”, il che significa leggere costantemente i blog per conoscerne la cultura. Bisogna anche conoscere gli strumenti disponibili per trovare quello che stiamo cercando. Questa è una delle competenze che le agenzie di PR devono avere”

Insomma, le aziende e le loro agenzie di PR dovrebbero cominciare a esplorare e conoscere la blogosfera e , attraverso strumenti come Technorati o altri blog tracker, verificare chi parla di loro e in che termini. Il monitoraggio è essenziale per comprendere come funziona la “pyramid of influence” e capire come commenti e opinioni filtrano atttaverso i blog.

E’ evidente che a fronte di un commento negativo, per quanto pesante, è fondamentale capire quale è il livello di ascolto e credibilità che nella blogosfera viene assegnato al blogger in questione. Naturalmente la quantità di visite è un primo elemento. Se viene visitato 9 volte al mese, probabilmente il “pericolo” è davvero limitato e un interveto diretto non è necessario. Tuttavia la valutazione quantitativa può trarre in inganno. 200 visite al giorno sono tante o poche ? Senza una conoscenza della capacità influenzatrice del blog, non si può prendere una decisione appropriata. Questo è particolarmente vero, come sottolinea Mike Manuel, client supervisor di Voce Communication, per i siti di nicchia o specialistici , dove il traffico può essere molto ridotto, ma la capacità di influenzare il mercato elevatissima.

Ma una volta che si decide di rispondere al blogger , quali sono le linee guida ?

Innazi tutto niente reazioni ” a caldo”. Prima conoscere e capire.

Una buona strategia viene così sintetizzata da Lynann Bradbury di Waggener Edstrom : “inform, not influence, involve, not invoke”

Occorre accettare e gestire una conversazione, avere interesse e rispetto dell’opinione contraria, confrontarsi e argomentare.

E , lo ripeto una volta di più, evitare di rispondere pubblicando stralci di comunicati stampa o comunque adottare un linguaggio “corporate”

Concludo riportando i 6 consigli pratici con cui si chiude l’articolo:

Technique tips

Do be conversational in your outreach, as blogs are a conversational medium

Do research the blogger before reaching out, as you would with any other journalist

Do read blogs regularly so you get to know the medium well

Don’t pitch or send press releases

Don’t use PR or marketing language

Don’t send anything to a blogger that you don’t want to see on the blog five minutes after you do so

Aggiungo, tanto per chiarezza, che se il nostro blogger ha ragione nella sua lamentela , e noi lo sappiamo, bisogna avere il coraggio di ammetterlo subito e darsi da fare per porre rimedio. (e questa è una regola generale, e non è la prima volta che lo sottolineo)

In definitiva, ricordiamoci che i blog sono, sotto ogni punto di vista, una opportunità nuova e ricca di potenzialità.

Per tutti.

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Distonie (SMAU blues)

Immaginate …

un’organizzazione di ecologisti che vi manda un invito a una manifestazione confezionato in una busta di plastica non riciclabile.

un libro sulla pace con prefazione di George Bush

una degustazione di vini da meditazione sponsorizzata da Coca Cola

un convegno sulla obesità infantile con relazione introduttiva di un responsabile McDonald…

Qualcosa vi disturba ? Un senso di confusione, di smarrimento ? Manca credibilità ?

Beh, qualsiasi cosa sia, avete ragione di sentirvi a disagio. Qualcosa non funziona, non convince, non rassicura.

E’ quello che ho provato anch’io quando ho letto che quest’anno SMAU accetta gli accrediti dei giornalisti solo ed esclusivamente via fax. E sottolinea che non verranno accettate richieste inoltrate via email. Capito bene ? Una manifestazione dedicata alle tecnologie digitali pretende l’utilizzo di quella che Franco Carlini, scrivendo sul Corriere della Sera, ha (giustamente) definito “la più desueta e sprecona delle tecnologie di comunicazione”. “…Un modo perfettamente razionale per fare arrivare giornalisti arrabbiati o per non farli arrivare del tutto”, prosegue Carlini

Che sensazione provate ? Vi sembra che la nuova proprietà di SMAU abbia una qualche idea su cosa sia la comunicazione oggi ? E si sono accorti che SMAU è una manifestazione IT e non un museo delle tecnologie passate ?

Per l’anno prossimo piccioni viaggiatori o segnali di fumo ?

Boh……

Qui l”articolo di Carlini.

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Morons domination blues

Durante le ferie l’amico Carlo Odello ha lasciato un interessante contributo al mio post “PR people are morons

Voglio riprenderlo e sottolinearlo, perchè non capita spesso di poter ascoltare i commenti sulle qualità delle attività di relazioni pubbliche e ufficio stampa da parte dei giornalisti.

Riprendo il commento di Carlo:

“A proposito di incapaci, Le riporto quanto mi è stato scritto da una giornalista che lavora all’interno della redazione di uno dei più grandi settimanali italiani:

“Il più delle volte [gli uffici stampa] sono gestiti da uffici di pubbliche relazioni e organizzazione eventi che hanno diversi clienti ma seguono una logica aziendale invece che giornalistica. I comunicati stampa sono focalizzati su un unico argomento, le ragazze che li spediscono non sanno nulla al di fuori di quello che c’è scritto e se il giornalista ha bisogno di qualche informazione in più comincia un giro tortuoso di ricerca informazione, contatti con l’azienda eccetera eccetera, che fa solo perdere tempo. La scarsa preparazione e l’ocaggine (purtroppo è così) delle fanciulle che sono solo delle yes-women è una delle caratteristiche più irritanti e nocive. Nei casi (rari, purtroppo) in cui i comunicati stampa sono scritti e gestiti da giornalisti, ce ne si accorge subito, e infatti, guarda caso, vengono quasi sempre pubblicati”.

Non credo che occorrano ulteriori sottolineature.

Rimane il grande interrogativo: come far percepire tutto ciò alle aziende ?
Possibile che i responsabili marketing e comunicazione non si rendano conto di tutto ciò ?
Cos’è che non funziona nelle loro percezioni rispetto a qualità dell’attività e risultati ottenuti ? Mah…

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1000…. (Summer blog blues)

Eh, sì. Sono rientrato. E con una sorpresa : durante il mese di agosto ho sfondato il tetto delle 1000 visite (oltre 1100 per la precisione).

Che dire: il pensiero che mentre inseguivo i miei pargoli sulle calde sabbie abruzzesi un manipolo di volenterosi lettori ha continuato a bearsi (si fa per dire) con le mie elucubrazioni, devo dire che mi confonde e mi gratifica.

Che posso dire, sarà banale (ogni tanto si può) , ma grazie a tutti.

Lasciatemi riordinare le idee (poche ma confuse, come sempre), e ripartirò con la pesante responsabilità di non deludere il mio vasto pubblico.
(bello montarsi un po’ la testa…)

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E ora un po ‘ di riposo…..

Il mio adorato blog chiude per (meritate) ferie.

Un ringraziamento a tutti quelli che ogni tanto ci fanno un giretto.

Ci riscriviamo a Settembre.

Enrico

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Il vecchio leone (Kotler blues)

Eh, sì. Potete pensarla come volete, ma “papà” Kotler, il mio primo marketing, il guru per antonomasia, rimane ancora oggi una voce attuale e saggia che invita marketers e comunicatori a riflettere con attenzione su questioni di base che troppo spesso sono sorvolate con grande disinvoltura per buttarsi a pesce su nuove “tecnologie”, utilizzate poi senza una visione complessiva e strategica. E scusate se è poco. Di seguito alcune riflessioni, scelte e tradotte liberamente dal sottoscritto.

Cosa può dirci sul dibattuto attorno al bisogno di ridefinire il marketing mix ?

PK: – La domanda corretta non è “quali tool costituiscono il marketing mix”, ma “quali tool stanno diventando più significativi nel marketing mix ?”. Per esempio, ritengo che l’advertising sia sovra-utilizzata, e le Relazioni Pubbliche sotto-utilizzate.

Quale è la maggiore sfida per la comunicazione oggi ?

PK: – Ottenere attenzione. I consumatori hanno poco tempo e molti si adoperano per evitare quanta più pubblicità è possibile. Ci sono altri strumenti su cui puntare per catturare attenzione e posizionare i brand. Le Relazioni Pubbliche e il word-of-mouth marketing stanno giocando un ruolo di crescente importanza nel marketing mix per costruire e mantenere nel tempo la forza di un brand.

Come giudica il modo in cui le aziende gestiscono i propri budget di comunicazione oggi ?

PK: – I marketing manager sviluppano nel tempo un certo modo di vedere l’allocazione delle risorse per ottenere il communication mix più efficace. Il problema è che continuano a utilizzare gli stessi criteri anche quando l’evidenza dimostra che l’efficacia è diminuita. L’allocazione si “congela” e c’è resistenza a modificare il mix.

Alcuni analisti invitano ad aumentare i budget destinati alle Relazioni Pubbliche. Cosa ne pensa ?

Sono d’accordo. Le relazioni pubbliche hanno a disposizione molti strumenti, quelli che io chiamo “the PENCILS of PR”: la stampa, eventi, l’utilizzo delle news, il coinvolgimento delle comunità, investimenti sociali, etc. Rispetto alla pubblicità di massa tradizionale, le Relazioni Pubbliche hanno più chance di trasmettere i messaggi in modo efficace.

Le aziende continuano a spendere sempre più denaro nell’advertising TV tradizionale. Non crede che le aziende siano lente a realizzare che l’efficacia di questo strumento è in netto calo ?

PK: – Le aziende sono ancora cieche di fronte ai cambiamenti “cataclismici” che stanno interessando il mercato della comunicazione. I giorni della pubblicità di massa, sprecona e intrusiva, stanno finendo rapidamente. –

Thanks, Philip.

Fonte originale: Marketingprofs

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Old PR habits (embargo blues)

Un post segnalato da Steve Rubel sul blog di James Robertson, mi da l’occasione per soffermarsi un momento sulla inconcepibile “lentezza” di certi addetti PR a comprendere che (forse) internet ha “leggermente” cambiato le dinamiche di distribuzione e controllo delle informazioni.

Il caso specifico è un esempio di “vietato diffondere la notizia prima della mezzanotte del xx xxx”, altrimenti noto come “embargo”.

Specie in riferimento ad aziende come Microsoft, IBM, Oracle o altre di questo livello, questo atteggiamento è davvero ridicolo, oltre che potenzialmente controproducente.
Ridicolo, perchè certi “veti” potevano funzionare in presenza di pochi media, per lo più cartacei e comunque facilmente controllabili. (qualcuno nota differenze con la situazione odierna ?)

Il commento di Robertson mi sembra perfetto:

“There are simply too many people watching their every move, ready to pounce out with information. A decade ago, that didn’t matter too much – an early leak meant that information hit the printed page a day (or a week)
later. Now, early information leaks immediately. Why does that matter? Well, it matters because of the nature of message definition that now exists. With an artificial embargo on information, other people get to take a crack at defining you. First impressions matter a lot more than anything else, so if a negative one gets early play, you’ll have a hell of a time countering it.”

La velocità di reazione alle “voci” è un fattore determinante quando si vuole evitare di trovarsi ad affrontare un processo di “crisis communication”.

Quando, pochi anni fa, un mio cliente di telefonia mobile , che chiamerò PhoneX, ruppe una alleanza con Microsoft, le possibili spiegazioni erano diverse , e non tutte favorevoli a PhoneX.

Pochi minuti dopo lo scarno annuncio ufficiale, che non offriva spiegazioni di sorta, ho cercato e trovato online il commento di un prestigioso analista di mercato, che dava una interpretazione totalmente favorevole a PhoneX. Senza attendere ulteriori comunicazioni ufficiali (che sarebbero arrivate giorni dopo) e non potendo dare (su istruzioni di PhoneX) che un secco “no comment”, ho pensato di “segnalare” ai giornalisti di settore il link al commento.

La velocità è stata determinante: il 90% dei commenti usciti successivamente (a partire da poche ore dopo) erano in linea con la prima interpretazione “attendibile” fornita.
“First impressions matter a lot…”

Ma in Microsoft queste cose ancora non le sanno….

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In che anno siamo ? (basic web marketing blues)

Leggevo con interesse un articolo sul “Web Site Review” di Forrester , una metodologia di indagine sulla qualità e l’efficacia dei siti web. Credo valga la pena di soffermarsi su alcuni risultati.

1. Su un campione complessivo di 600 siti corporate esaminati, a fronte di un punteggio massimo di 25 punti, la media è stata di 0,8 (?!?)

2. In riferimento a 20 tra i siti delle maggiori aziende globali nei settori auto, media, retail, e viaggi, i ricercatori hanno evidenziato che 19 non avevano un design e una struttura adeguata.

In fondo quando si mette in piedi un sito i criteri di costruzione rispondono fondamentalmente a due domandine :

A) quali sono gli obbiettivi di business perseguiti attraverso il sito
B) quali sono le esigenze e le caratteristiche dell’audience

Sembrerebbe di una banalità da vergognarsi, e invece…

Mi sembra utile ricordare alcune “parole chiave” citate da Forrester:

Value: bisogna dare valore attraverso l’offerta di contenuti consistenti e rilevanti. Non solo: i contenuti devono essere facilmente identificabili e fruibili. (mai successo di cercare informazioni essenziali su un sito e trovarsi a fare una battuta di caccia al tesoro?)

Navigation: bisogna poter navigare agevolmente da una sezione all’altra e disporre di funzioni di ricerca sul sito realmente efficaci; è interessante notare che il punteggio medio più basso in assoluto tra le caratteristiche di navigazione, è stato propio il search.

Presentation: chiarezza e leggibilità; anche qui stupisce che 13 siti su 20 “… failed to present easily readable content.” (?!?!).

Trust: il punteggio medio in riferimento a privacy e security è stato il più basso di tutti i 25 criteri di valutazione.

Web consultant, buon lavoro a tutti….

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"PR People Are Morons" – ( e come dargli torto ?)

Il mondo delle Relazioni Pubbliche è davvero infestato da un discreto numero di maledetti incapaci (mi sono davvero stufato di essere confuso con questi ciarlatani) che con la loro maldestra ignoranza affossano la nostra povera categoria. Il tema non è nuovo a chi frequenta questo blog, ma ci sono episodi che mi spingono (ineluttabilmente) a tornarci.

I cialtroni in questione affliggono la comunicazione a livello globale: leggetevi il recente post apparso su MobHappy, circa le dichiarazioni di Russell Beattie, “Yahoo! mobile evangelist” nonchè “mobile blogger”. I simpatici PR di un (apparentemente) buon numero di aziende hanno la brillante abitudine di tentare di infiltrarsi nei blog più seguiti per “spammare” i messaggi aziendali dei loro amati clienti. Alcuni giungono più o meno a postare direttamente i loro comunicati stampa…. E’ ovvio che siffatti personaggi dimostrano una ignoranza assoluta non solo del fenomeno del blogging e della loro natura, ma dell’ABC delle Relazioni Pubbliche e della comunicazione in generale.

Anche da noi ho già visto qualche maldestro tentativo: mi auguro che vengano sempre rintuzzati con fermezza e decisione dai blogger.

Tra le possibili “strategie di reazione” , interessante questa.

Lo ripeto: blog e RSS feed sono modalità interattive di trasmissione dei contenuti di grandissimo potenziale; speriamo che i “morons” non impediscano agli utilizzi “intelligenti” di emergere ed affermarsi.

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Le Relazioni Pubbliche guidano il business (?)

La notizia mi era quasi passata inosservata, ma un post del buon Jim Horton ha posto rimedio alla mia disattenzione.

Pare che Microsoft (sì, proprio lei) abbia mandato a monte un’acquisizione perchè preoccupata della cattiva ricaduta dell’operazione i termini di PR. Beh, lasciatemelo dire, è una soddisfazione.

Nella fattispecie è andata a monte l’acquisizione di Claria, una software house che commercializza soluzioni definite come ” behavioral targeting technology” , che è un modo molto “IT” per descrivere un software che raccoglie sul mio computer informazioni su che siti frequento, cosa ci faccio, quanto tempo ci passo.. Come dite ? Vi sembra “spyware” ?? Beh, non ci crederete, ma anche in Microsoft qualcuno si è posto il problema .

Perchè Claria è stata in passato collegata proprio allo “spyware” e la cosa ha preoccupato a tal punto che hanno preferito lasciar perdere.

Insomma, pare che le Relazioni Pubbliche questa volta abbiano “governato” il business più delle considerazioni del management tecnico e di quello finanziario.

C’è da pensare….

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